ANZEIGE  
Die Nr. 1 in Sachen Ton & Licht
 
HOME           KONZERTKALENDER Seite 2 Seite 3              MUSIKSZENE-SÜDTIROL               LINKS               KONTAKT               GEWINNSPIELE
 Inhalte dieser Unterseiten stammen von den entsprechenden Veranstaltern oder Musikgruppen!
 
 

"LE 5 GIORNATE DEL JAZZ"

La storia del jazz raccontata attraverso grandi trombettisti americani

Bolzano

dicembre 2005 - febbraio 2006

 

COMUNICATO STAMPA

 

Cinque incontri, o meglio cinque lezioni-concerto durante le quali verrà raccontata la storia del jazz attraverso uno degli strumenti principe di questo affascinante mondo musicale, la tromba, e i suoi principali protagonisti. Organizzatore dell’interessante iniziativa, che ha per titolo "Le 5 giornate del jazz", è l’Ufficio Cultura della Provincia Autonoma di Bolzano, nell’ambito della propria attività volta a promuovere la musica al di là delle barriere fra i generi e con lo scopo di fornire efficaci strumenti affinché la si possa apprezzare mediante la sua comprensione. Attività che in passato ha portato alla realizzazione di "OPERAzione" e di "On & On".

"Le 5 giornate del jazz" si svolgeranno presso la Sala Monteverdi del Conservatorio di Bolzano: tutti gli appuntamenti saranno ad ingresso gratuito e avranno inizio alle ore 20,30. Ospite fisso degli incontri sarà il trombettista Paolo Fresu, uno dei jazzisti italiani maggiormente conosciuti a livello internazionale. Fresu, che è ideatore della manifestazione assieme a Vittorio Albani, si esibirà ogni sera alla testa del suo collaudatissimo quintetto, che ha da poco festeggiato i vent’anni di vita e che comprende il sassofonista Tino Tracanna, il pianista Roberto Cipelli, il contrabbassista Attilio Zanchi e il batterista Ettore Fioravanti. Ogni incontro prevede anche la presenza di un relatore, scelto fra i più rappresentativi critici e studiosi italiani specializzati nel campo del jazz.

Il primo appuntamento è fissato per giovedì 1 dicembre: nell’occasione Stefano Zenni, Presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana, affronterà gli inizi del jazz, soffermandosi sulla geniale figura di Louis Armstrong, il primo grande solista jazz. Le rivoluzionarie concezioni musicali di Dizzy Gillespie, uno degli artefici del bebop assieme al sassofonista Charlie Parker, saranno invece al centro della serata di giovedì 15 dicembre: a precedere le esemplificazioni musicali del Paolo Fresu Quintet spetterà questa volta a Luigi Onori, critico musicale del quotidiano Il Manifesto.

 

Martedì 17 gennaio sarà quindi il turno di Miles Davis e delle sue innumerevoli svolte stilistiche (dal bebop al cool, dal jazz modale al jazz elettrico), analizzate da Enrico Merlin, che della complessa arte davisiana è riconosciuto come uno dei massimi esperti a livello mondiale.

Gli ultimi due appuntamenti con le "5 giornate del jazz", rispettivamente in programma il 2 e il 16 febbraio, saranno incentrati sulla sofferta ma seducente poetica di Chet Baker (relatore Giuseppe Vigna, collaboratore del mensile Musica Jazz) e sull’attualità della tromba nel jazz, mettendo a confronto due forti, contrastanti personalità quali Wynton Marsalis e Dave Douglas (relatore Stefano Merighi, critico de Il Mattino di Padova).

 

 

Per informazioni: 0471 411204; e-mail: cultura.italiana@provincia.bz.it

Sito Internet: www.provincia.bz.it/5

Ufficio Stampa nazionale: Roberto Valentino, tel. 335 5201930, e-mail jazzval@tin.it

Info locali: Vittorio Albani - tel. 0471 264033 / 335 252955 / e-mail: info@pannonica.it

 

"LE 5 GIORNATE DEL JAZZ"

La storia del jazz raccontata attraverso grandi trombettisti americani

Bolzano

dicembre 2005 - febbraio 2006

Sala Monteverdi del Conservatorio di Bolzano – ore 20,30

 

 

Giovedì 1 dicembre 2005

Gli inizi: Louis Armstrong

Relatore: Stefano Zenni

con Paolo Fresu Quintet

 

***

Giovedì 15 dicembre 2005

La trasformazione ed il conflitto: Dizzy Gillespie

Relatore: Luigi Onori

con Paolo Fresu Quintet

 

***

Martedì 17 gennaio 2006

L’arte e la ricerca: Miles Davis

Relatore: Enrico Merlin

con Paolo Fresu Quintet

***

Giovedì 2 febbraio 2006

La poesia e il malessere: Chet Baker

Relatore: Giuseppe Vigna

con Paolo Fresu Quintet

 

***

Giovedì 16 febbraio 2006

L’attualità: fra Wynton Marsalis e Dave Douglas

Relatore: Stefano Merighi

con Paolo Fresu Quintet

 

Per informazioni: 0471 411204; e-mail: cultura.italiana@provincia.bz.it

Sito Internet: www.provincia.bz.it/5

Informazioni tecniche correlate da chi vi sta inviando questo messaggio (produttore e ideatore): Vittorio Albani - 0471 264033

 

 


 

 

Informazione aggiuntive tratte dal testo di presentazione dell'evento -

Note dei curatori:

Pare che le donne, innanzitutto, non capiscano il jazz. Non si è mai ben compreso il perché e sembra semmai vero il contrario perché ai concerti di musica afroamericana – molto più che a quelli pop – pare che proprio le donne formino invece lo zoccolo duro degli uditori. Forse è soltanto una frase fatta o forse, quando Paolo Conte ha scritto “quella” canzone, gli è venuta soltanto un’idea “metricamente” vincente facile da trascrivere.

L’escamotage serve comunque solo ed unicamente a ricalcare un luogo comune, per altro sfatato da un buon decennio alle spalle che ci insegna, invece, come il jazz sia finalmente divenuta prima arte riconosciuta nel campo della musica contemporanea. Dapprima fuggito, in virtù di una non in fondo ben comprensibile difficoltà di fruizione e semmai considerato dai veri cultori del verbo musicale nei Conservatori e nelle sale da concerto “per bene”, ha oggi ribaltato la sua immagine e – caso strano – è proprio nei Conservatori che fa più paura ai puristi, i quali non riescono a comprendere che si tratta  probabilmente di ciò che – molto più di altro – potrebbe essere considerato come l’espressione più moderna del tradizionale significato di musica “seria”. Eppure non è nemmeno di “nuova musica classica” che si tratta. Spiegare il jazz significa innanzitutto trasmettere l’estrema libertà di concezione di un’arte per un verso purissima e per l’altro totalmente contaminata. Forse l’estrema sintesi di ciò che oggi sarebbe classicamente da intendere come “l’arte giusta al momento giusto”. Correlata, come la realtà insegna, con il contemporaneo più stretto e capace di fornire la colonna sonora autentica dei tempi che stiamo vivendo, nel senso più nobile ed intelligente del termine e quindi assai lontano da mode e imbecillità imperanti.

Forse solo parole… cancellabili però all’istante, proprio da un semplice assolo di tromba. E che questo sia storico come quelli di Louis Armstrong o assolutamente d’avanguardia come quelli di Arve Henriksen o Dave Douglas poco importa.

E’ in quel preciso momento che, infatti – complice una semplice intuizione fanciullesca – si può riuscire a comprendere all’improvviso.

Il jazz è sempre erroneamente stato etichettato come “espressione d’elite”; da tempo si va invece affrancando dalla seriosità della sua stessa storia e anche – non me ne si voglia – dai morbosi quanto tediosi incontri conferenzieri che tentavano di spiegarne – attraverso architetture non correlate - la sua essenza e filosofia. Questa serie di incontri è un tentativo: crediamo che siano venuti i tempi di cavalcare il jazz portandone le discussioni nel salotto familiare, incrociandone la straordinaria storia con la voglia di parlarne non in anacronistico doppio petto o facendo accademia. Facendo incontrare alcuni grandi storici e operatori del settore con alcuni suoi primattori contemporanei. Senza assolutamente voler stemperare quella che è una grande e serissima storia nei territori dell’ “easy per forza”, ma considerando anche il “gioco” che la ha sempre accompagnata nel momento topico del concerto. Perché il jazz è anche e soprattutto bello quando nel celebrato interplay fra i musicisti che lo fanno vivere, si riesce a far entrare anche quello con il pubblico, riuscendo così a creare una sorta di “gioco totale”, capace di far divertire chi produce la musica e chi la fruisce.

Vittorio Albani

 

 

Quando ho ricevuto l’invito a preparare e coordinare una serie di conferenze sul jazz ho pensato che l’atteggiamento migliore sarebbe stato quello di non uscire dal mio ruolo di artista e di stimolatore culturale.

Ci sono vari modi infatti di leggere o rileggere la storia del jazz. Sono tanti quante sono le personalità straordinarie delle migliaia di artisti che hanno letto e stanno oggi rileggendo il ricco patrimonio di questa musica nel tentativo di innestare il passato nel presente, per dare senso al futuro e alla contemporaneità odierna.

Lo standard nel jazz è quel materiale popolare e conosciuto che diventa (o può diventare) pretesto per muoversi in un territorio originale e personale. Quanti hanno suonato “Caravan” di Ellington cercando da una parte di rispettare la composizione originale e nello stesso tempo di aggiungere qualcosa di proprio? E quanti sono partiti dalla forma AABA di una canzone per scandagliare il significato più profondo di una melodia o il significato e la magia del suono o della frase?

Leggere la storia del jazz attraverso cinque o più trombettisti è per me il modo di usare uno strumento musicale come strumento “altro” per raccontare uno stile musicale che, più di altri, è strettamente legato al corpo, al pensiero, alla società, la religione e la storia con le sue evoluzioni repentine del secolo appena trascorso.

La tromba è inoltre uno strumento non solo diretto ma popolare, capace di arrivare e colpire nel cuore e nella mente. Personaggi come Louis Armstrong, Dizzy Gillespie e Chet Baker sono stati non solo dei grandi strumentisti ma anche degli ottimi ed originali cantanti che hanno stravolto la tecnica ortodossa della voce ed assieme a Miles Davis, ‘bird’ libero come Parker, hanno sconfinato dal piccolo mondo del jazz verso quello di una popolarità tipica di “altre” musiche come il Pop o il Rock.

La tromba è dunque non solo strumento comunicativo ma anche estensione naturale, assieme alla voce, del corpo che respira e che pensa.

Cinque storie e cinque personalità completamente diverse tra loro per raccontare un’epoca irraccontabile e sfuggente. Fatta di porte aperte ed altre chiuse o socchiuse; di stili che si perdono in mille rivoli musicali. Fatta di storie tristi e dure e di poesia. Di suoni laceranti a volte terribilmente sereni e delicati. Fatta di voci, di gesti, di fotografie e di smoking, ma anche di corpi multicolori tra il bianco e nero della storia recente.
Se il jazz è stato ed è questo perché non raccontarlo con il contributo di cinque relatori che lo leggono e lo raccontano a loro volta in modo diverso? E perché non assieme ad un gruppo di amici musicisti che amano la tradizione, coscienti della necessità di essere parte dell’attualità di oggi?

La mia speranza è che questi cinque incontri possano risultare completamente diversi l’uno dall’altro. Se è vero che tra lo stile di Dave Douglas e Louis Armstrong c’è apparentemente poco in comune, è altrettanto vero che la storia del jazz è legata da un inesorabile filo conduttore. Una sorta di filo di Arianna che proveremo a trovare (o ritrovare) durante questi cinque appuntamenti tessendo una maglia fatta da tanti contributi diversi attraverso le voci di Stefano Zenni , Luigi Onori , Enrico Merlin , Giuseppe Vigna e Stefano Merighi.

Paolo Fresu

 

 

Stefano Zenni (Chieti, 1962)

è Presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana (SIdMA). Insegna materie teoriche, storiche e musicologiche presso i Conservatori di Bologna e Parma, a Siena Jazz e all’Università di Chieti. Ha pubblicato e curato importanti libri su Louis Armstrong, Umberto Cesàri, Herbie Hancock, Miles Davis, Charles Mingus. E’ direttore dei seminari Chieti in Jazz. E’ direttore editoriale della Backbeat srl. È collaboratore del New Grove Dictionary of Jazz. A lungo collaboratore di Musica Jazz, scrive sul Giornale della Musica, Musica Oggi, Black Music Research Journal. E’ direttore del Fondo di musica jazz Arno Carnevale a Valenza (Al). E’ stato candidato ai Grammy Awards come autore di note di copertina. È direttore artistico della rassegna Metastasio Jazz presso la Fondazione Teatro Metastasio di Prato e della stagione musicale della Società del Teatro e della Musica L. Barbara di Pescara. E’ conduttore di Rai Radio3.

 

“Sulla tromba non puoi suonare nulla che Armstrong non abbia già suonato”. Parola di Miles Davis, che comprese come nell’arte di Satchmo ci sia tutta l’essenza del jazz e dello strumento. Ma Armstrong è stato non solo il più influente dei musicisti del Novecento: è stato anche un cantante unico, un intrattenitore straordinario e un ambasciatore della buona musica. Contrariamente alla percezione comune, la sua musica si è evoluta e trasformata nel tempo, lungo una carriera che, attraversando tutto il secolo, ha portato il jazz nei quattro angoli del mondo.

 

Luigi Onori (Roma, 1956)

saggista e critico musicale - è collaboratore del quotidiano "il manifesto"e del supplemento "Alias" dal 1981. Ha all'attivo saggi e recensioni per la rivista specializzata "Musica Jazz" (monografie su D. Ellington, J.Coltrane, A. Ibrahim, R. Weston, G. Allen, S. Coleman, B. Tommaso, il jazzrusso e quello sudafricano). Si occupa di jazz e musiche afroamericane sotto il profilo giornalistico, saggistico, radiofonico, convegnistico e didattico. Ha al suo attivo centinaia di articoli, comparsi su varie testate tra cui "Musica/Realtà", "Fare Musica", "Il Giornale della Musica". Ha pubblicato svariati volumi fra cui  "Il Jazz e l'Africa. Radici, miti, suoni" (2004), "Il jazz nella tradizione afroamericana" (1998). Dal 1985 collabora a RadioTre. E' stato socio fondatore e membro del direttivo della disciolta Sisma (Società Italiana per lo Studio della Musica Afroamericana) ed è iscritto alla SIdMA (Società Italiana di Musicologia Afroamericana). Ha ricoperto il ruolo di direttore responsabile del bollettino "Il Sismografo" e dell'organo dell'AMJ (Associazione Nazionale Musicisti Jazz). Attualmente collabora con la "Casa del Jazz" di Roma.


Dizzy Gillespie, la trasformazione e il conflitto. Il trombettista afroamericano incarna una delle dinamiche tipiche della cultura e della musica nera: un forte radicamento ed una marcata conoscenza della tradizione; la ricerca di un suo superamento. In tal senso Gillespie matura le sue esperienze nelle big-band swing e tardo-swing di cui conosce bene il linguaggio; da grande solista quale sarà sa cosa vuol dire suonare in sezione; è perfettamente padrone del repertorio dell'epoca e dei giri armonici sottesi ai  brani provenienti da Broadway o Tin Pan Alley. Partendo da Louis Armstrong, e passando per Roy Eldridge, Dizzy Gillespie rivoluzionerà il linguaggio del jazz sulla base di un'intima conoscenza di quanto è stato elaborato prima di lui. Mutano il contesto armonico, la velocità di fraseggio, il repertorio, lo spazio dell'improvvisazione, il pubblico destinatario. Gillespie sarà, infatti, basilare anche a livello di

immaginario con il suo look eversivo, una big-band da fuochi d'artificio, l'attenzione per la musica afrocubana percepita come "radice viva" africana del jazz. Ce n'è abbastanza per una figura di innovatore profondo, di ambasciatore consapevole, di opinion-leader non solo musicale ma politico

(parteciperà alle elezioni presidenziali...), campione di umorismo e surrealismo sonoro.


Enrico Merlin , (
Milano, 1964)

musicista  e storico della Musica Afro-Americana e del Rock.

Ha compilato il catalogo completo delle opere edite ed inedite di Miles Davis, commissionatogli direttamente dalla famiglia dell'artista. Ha redatto le note di copertina, comprensive di dettagliate analisi musicali, per cinque CD di Miles Davis.Ha collaborato alla realizzazione del DVD "Miles At Isle Of Wight" di Murray Lerner. Suoi scritti sono apparsi in diversi libri, riviste specializzate e quotidiani. Da anni è parte della Tiger Dixie Band, formazione dedita al recupero e all'evoluzione del Jazz tradizionale. L'amore per le sonorità acustiche del mondo tradizionale convive con l'interesse per elettronica, campionatori ed effettistica. Ha all'attivo diverse realizzazioni discografiche ed ha partecipato a molti Festival internazionali. E’ docente di “Cultura Musicale” presso il CDM di Rovereto dove tiene un corso sulla storia della musica del ‘900 e fa parte del corpo docente del Corso Triennale di Specializzazione Professionale. Insegna chitarra e storia della musica.

 

L’evoluzione artistica di Miles Davis si identifica con quella della storia della musica di origine afroamericana, dal 1945 in poi. Ciò non significa che egli sia stato necessariamente un “genitore” di stili, ma sicuramente è stato un “generatore” e “sviluppatore” di grandi situazioni musicali. Catalizzatore di talenti, leader dalle capacità non comuni, sperimentatore di tecniche all’avanguardia che ad ogni passaggio hanno sollevato critiche o esultazioni. I segnali non verbali come metodo di guida dello “strumento-orchestra”, l’orgoglio di essere figura di spicco della cultura del novecento, un carattere peculiare, schivo e apparentemente aggressivo hanno fatto di lui un’icona transgenerazionale che ha contribuito a raschiare, per quanto possibile, i piedi d’argilla delle inutili categorizzazioni stilistiche.
Una volta, dopo uno dei primi concerti elettrici, un noto musicista si avvicinò a Miles Davis dicendogli: "Miles, questa tua svolta elettrica, io proprio non la capisco". E Miles: "E io cosa dovrei fare? Forse aspettarti?"

 

Giuseppe Vigna (Cosenza, 1960)

vive e lavora a Firenze. Negli anni ' 80 ha diretto le sezioni "Cinema e Rock" e "Lo Schermo dei Suoni", dedicata a cinema e musica, per il Festival dei Popoli di Firenze, ha collaborato con riviste e quotidiani e realizzato programmi radiofonici.

Negli anni '90 è stato tra gli animatori di "Tradizione In Movimento", la rassegna dedicata al jazz ed alle nuove musiche del Musicus Concentus di Firenze, di cui è attualmente condirettore artistico e responsabile dell'ufficio stampa.

Inoltre collabora con il quotidiano La Nazione, con la rivista Musica Jazz , continua a realizzare programmi radio ed ha scritto due libri, uno su Caetano Veloso ed uno sulla storia del jazz.

Un icona maledetta del jazz, Chet Baker da un lato rappresenta l'autodistruzione, nella dipendenza ininterrotta dalle droghe, dall'altro la ricerca di bellezza e poesia attraverso la musica, fino a suonare ogni assolo come se fosse l'ultimo.

Per molti Chet Baker è il jazz, sicuramente ne rappresenta un'idea: quella del solista che affida ad ogni intervento il racconto di esperienze, desideri e passioni. Intensi, struggenti e ammaliatori il suo canto ed il suo stile solistico raccontano un'esistenza tormentata dagli esordi, rarefatti e cool, alle ultime prove, dominate da un lirismo maturo. Il concerto/conferenza ne ricostrurà la vicenda alternando varie fasi della sua carriera.

 

Stefano Merighi (Venezia, 1959)

Laurea in filosofia, insegna lettere nelle scuole superiori. Si occupa di musica e di jazz in particolare dagli anni Settanta. Ha curato diverse trasmissioni radiofoniche sul jazz per emittenti private e due cicli di “Il Jazz. Improvvisazione e creatività nella musica” per Rai-RadioTre, negli anni Ottanta. Scrive recensioni su rassegne nazionali e internazionali per “Il Mattino di Padova”, “ La Nuova Venezia ”, e “La Tribuna di Treviso” dal 1980.

Pubblica articoli e saggi su “Musica jazz”, collabora con “Allaboutjazz” e con “Il Manifesto”. Ha curato la direzione artistica di diverse rassegne jazz svolte ad Abano Terme, tra cui le edizioni 1995, 1996 e 1997 di “Jazz alle Terme”.

Dal 1997 è co-direttore artistico del Centro d’Arte dell’Università di
Padova. Ha collaborato alla redazione del cd-rom “Il Jazz. I dischi, i musicisti, gli stili” (Editori Riuniti), a cura di Marcello Piras. Per Rai-Radio Tre conduce due edizioni del programma “Invenzioni a due voci” (2002 e 2003) e di “Fuochi” (2004 e 2005), spazio di Radio 3 Suite.

 

"Young Lions" sono stati chiamati i neo-classici, comparsi sulla scena jazzistica all'inizio degli anni 80.

Tra questi, Wynton Marsalis ha imposto il proprio talento.  Ha studiato con profitto l'intera tradizione afroamericana, ma ha rifiutato la "new thing", si è distinto come il numero uno tra i trombettisti, ma ha preteso di indicare le strade buone e quelle cattive.

Qualche anno dopo, Dave Douglas - e con lui molti altri -  ha contribuito ad un altro tipo di "rinascenza" estetica, aperta a 360 gradi verso tutti i suoni del mondo, senza alcun limite alla fantasia creativa. Con lui, il jazz incontra i colori balcanici e il klezmer, si riconduce a Lester Bowie e Don Cherry, fino a sfidare i classici del ‘900 europeo.

 

PAOLO FRESU

 

La banda del paese e i maggiori premi internazionali, la campagna sarda e i dischi, la scoperta del jazz e le mille collaborazioni, l’amore per le piccole cose e Parigi.

Esiste davvero poca gente capace di mettere insieme un tale abbecedario di elementi e trasformarlo in un’incredibile e veloce crescita stilistica.

Paolo Fresu c’è riuscito proprio in un paese come l’Italia dove - per troppo tempo - la cultura jazz era conosciuta quanto Shakespeare o le tele di Matisse, dove Louis Armstrong è stato poco più che fenomeno da baraccone di insane vetrine sanremesi e Miles Davis scoperto “nero” e bravo ben dopo gli anni di massima creatività.

La “magia” sta nell’immensa naturalezza di un uomo che, come pochi altri, è riuscito a trasportare il più profondo significato della sua appunto magica terra nella più preziosa e libera delle arti.

A questo punto della sua fortunata e lunga carriera, forse non serve più enumerare incisioni,  premi ed  esperienze varie che lo hanno imposto a livello internazionale e che fanno sistematicamente ed ecumenicamente amare la sua musica: dentro al suono della sua tromba c’è la linfa che ha dato lustro alla nouvelle vague del jazz europeo, la profondità di un pensiero non solo musicale, la generosità che lo vuole “naturalmente” nel posto giusto al momento giusto ma, soprattutto, l’enorme ed inesauribile passione che lo sorregge da sempre.

[press quote]

           

Inizia lo studio dello strumento all'età di 11 anni nella Banda Musicale del proprio paese natale e dopo varie esperienze di musica leggera scopre il jazz nel 1980 ed inizia l'attività professionale nel 1982 registrando per la RAI sotto la guida del M° Bruno Tommaso e frequentando i Seminari di Siena jazz. Nel 1984 si diploma in tromba presso il Conservatorio di Cagliari e nello stesso anno vince i premi <RadioUno jazz>, <Musica jazz> e <RadioCorriere TV> come miglior talento del jazz italiano. Nel 1990 vince il premio <Top jazz> indetto dalla rivista 'Musica jazz' come miglior musicista italiano, miglior gruppo ( Paolo Fresu Quintet) e miglior disco (premio <Arrigo Polillo> per il disco 'Live in Montpellier'), nel 1996  il premio come miglior musicista europeo attraverso una sua opera della 'Académie du jazz' di Parigi ed il prestigioso ‘Django d’Or’ come miglior musicista di jazz europeo e nell’anno 2000 la nomination come miglior musicista internazionale. Solo i primi, in una lunga serie di riconoscimenti che proseguono nel presente musicale.

            Docente e responsabile di diverse importanti realtà didattiche nazionali e internazionali, ha suonato in ogni continente e con i nomi più importanti della musica afroamericana degli ultimi 30 anni: F. D'Andrea, G. Tommaso, B. Tommaso, T. Ghiglioni, E. Rava, A. Salis, E. Pieranunzi, G. Gaslini, GL. Trovesi, R. del Fra, A. Romano, G. Ferris, J. Taylor, K. Wheeler, P. Danielsson, J. Christensen, G. Mulligan, B. Brookmayer, D. Liebman, K. Berger, D. Holland, R. Beirach, J. Zorn, J. Abercrombie, H. Merril, R. Towner, R. Galliano, M. Portal, T. Gurtu, J. Lee, Gunther Schüller, P. McCandless, J. Hall, L. Soloff, Uri Caine , Gil Evans Orchestra, Toots Thielemans ecc.

            Ha registrato oltre duecentosettanta dischi di cui oltre trenta a proprio nome ed altri con collaborazioni internazionali (etichette Francesi, Tedesche, Giapponesi, Spagnole, Olandesi, Svizzere, Canadesi) spesso collaborando con progetti 'misti' come Jazz-Musica etnica, World Music, Musica contemporanea, Musica Leggera, Musica antica, ecc.. collaborando tra gli altri con M. Nyman, E. Parker, Farafina, O. Vanoni, Alice, T. Gurtu, G. Schüller, Negramaro, Stadio,  ecc.

            Dirige le linee artistiche del Festival 'Time in jazz' di Berchidda ed è direttore artistico e docente dei Seminari jazz di Nuoro.

            E' stato più volte ospite in grandi organici quali la 'G.O .N. - Grande Orchestra Italiana', l'ONJ - Orchestra nazionale di jazz francese, la NDR - orchestra della Radio tedesca di Amburgo e l’italiana Instabile Orchestra.

            Ha coordinato, inoltre, numerosi progetti multimediali collaborando con attori, danzatori, pittori, scultori, poeti, ecc. e scrivendo musiche per film, documentari, video o per il Balletto o il Teatro.

            Oggi è attivo con una miriade di progetti che lo vedono impegnato per oltre duecento concerti all’anno, pressoché in ogni parte del globo.

            Molte sue produzioni discografiche hanno ottenuto prestigiosi premi sia in Italia che all'estero.

            Vive tra Parigi, l'Appennino Tosco-Emiliano, Bologna e la Sardegna e dirige l'Associazione Culturale TIME IN JAZZ a Berchidda con la quale organizza il prestigioso Festival Internazionale TIME IN JAZZ dal 1988.

 

PAOLO FRESU QUINTET

            Il quintetto di PAOLO FRESU nasce nel 1984 per volontà di Paolo Fresu e Roberto Cipelli. Dopo varie forme diviene gruppo odierno nel 1985 con la registrazione di 'Ostinato' per la Splasc(h) Records, e si consacra come uno dei gruppi di punta del jazz italiano con il disco 'Inner Voices' assieme al sassofonista americano Dave Liebman (1986). Da allora svolge una intensa attività concertistica e discografica oltre che didattica. Infatti il gruppo si propone spesso come 'gruppo docente' che da forma a Seminari interattivi sugli stili e le strutture del jazz viste dall'interno dell'esperienza di gruppo (Seminari di Nuoro, Victoria School of Arts di Melbourne, Matera).

I suoi componenti hanno precise ed importanti esperienze didattiche tuttora in corso:

Roberto Cipelli è titolare della cattedra di Musica Jazz presso la Scuola Civica “Monteverdi” di Cremona nonché insegnante di Musica d’Insieme e Tecnica dell’Improvvisazione nei corsi sperimentali del Conservatorio di Brescia.

Attilio Zanchi è titolare della cattedra di Musica Jazz presso il Conservatorio di Piacenza.

Tino Tracanna è titolare della cattedra di Musica Jazz presso il Conservatorio di Milano mentre Ettore Fioravanti lo è della stessa cattedra presso il Conservatorio di Frosinone.

Diversi progetti hanno inoltre visto il quintetto partecipe ad esperienze multimediali tra il jazz e le altre arti (Teatro, Cinema, Poesia e Danza). Nel 1990 il gruppo vince il premio <Top jazz> della rivista specializzata 'Musica jazz' come miglior gruppo del jazz italiano e come miglior disco (<Premio Arrigo Polillo> disco 'Live in Montpellier'), e ogni anno è ai primi posti con le proprie produzioni discografiche. Da segnalare una menzione della rivista americana 'Cadence' che, nel 1985 indicò 'Ostinato' come uno dei più interessanti dischi dell'anno. Il progetto 'Concerto Piccolo - Suite in 7 appuntamenti per Grande Orchestra e piccolo gruppo' è il lavoro che consacra i primi dieci anni di vita del Quintetto attraverso le composizioni del gruppo rivisitate ed arrangiate dal M.o Bruno Tommaso per Orchestra d'archi e Big Band, presentato a Matera, Roccella Jonica e Berchidda in contemporanea con l'uscita dell'ottavo CD edito dalla Splasc(h) Records, dal titolo 'Ensalada Mistica'. Spesso il gruppo prende forma di Sestetto (dal 1991 in occasione del disco 'Ossi di Seppia') con la presenza del polistrumentista Gianluigi Trovesi che prende naturalmente parte anche al CD 'Ensalada Mistica' o dal 1996 con il sassofonista belga Erwin Vann , con il quale è stato inciso ‘Wanderlust’ per la Bmg/Rca francese.          Il gruppo ha tenuto concerti nelle più importanti città e Festival sia italiani che stranieri di ogni continente, registrando spesso per Radio e Televisioni internazionali. Il disco ‘Night on the City’ inciso per la francese Owl vince il premio ‘Choc’ per l’anno 1995 della rivista francese specializzata ‘Jazzman’ e fa guadagnare a Paolo Fresu i premi dell’Academie du Jazz’ di Parigi e il prestigioso ‘Django d’Or’ come miglior musicista di jazz d’Europa.

            Il libro ‘49 Composizioni’ raccoglie inoltre tutto il repertorio del gruppo registrato per l’etichetta discografica Splasc(h) Record. Quasi a festeggiare il XX anno di attività, il 2004 è stato un anno “importante” per il quintetto: una serie di incisioni per la Blue Note (che stanno uscendo, scadenzate in questi anni) ne celebra la creatività, la freschezza e la longevità.

            Web-site del quintetto: www.paolofresuquintet.com

 

 

ANZEIGEN

 

 

 

 

 

 

 


 

 

© 2000-2005 Music & Cultur Club, 39100 Bozen,
Rentsch - Tel. +0039 0471 979442, Telefax 981852